Romae, in Curia Pompeii,Id.Mart.,hora quinta
Marco Junio Bruto tentava di dominare il battito del cuore e cercava continuamente lo sguardo rassicurante di Cassio. Gli altri congiurati non erano in condizione migliore della sua .Ogni movimento , ogni parola inattesa li faceva trasalire .Publio Servilio Casca sussultò quando un senatore lo prese per il braccio e si sentì ancora peggio quando, afferratagli una mano, gli sussurrò: ” Lo sai ? Bruto mi ha riferito il segreto che nascondi….”.
Casca si vide perduto, fu sul punto di perdere il controllo e cominciò a balbettare : ” Non è possibile , lui non ….”.Ma l’uomo proseguì : ” Lo so che vuoi presentarti candidato per diventare edile . E Bruto mi ha detto come hai fatto a fare tanti soldi da finanziarti la campagna elettorale “.Casca tirò un sospiro di sollievo e recuperò il controllo di sè , sufficiente per congedarlo bruscamente : ” Non accetto insinuazioni di questo tipo , il mio comportamento è sempre stato ineccepibile “.
Bruto s’era accostato a Cassio e stava conversando sottovoce con lui quando si avvicinò loro con un’espressione cordiale il vecchio Popilio Lenate , uno degli anziani dell’augusto consesso , e li prese in disparte bisbigliando: ” Vi auguro di condurre a compimento il vostro piano . Ma fate presto , perchè una cosa del genere non può rimanere a lungo nascosta “. ………………………….Cimbro si avvicinò a Cesare .” Che c’è, Cimbro ?”gli domandò lui.” Non chiedermi ancora che richiami dall’esilio tuo fratello.Sai come la penso e non ho cambiato idea “.
“Ma Cesare ” replicò Cimbro. “Ti prego….”.E così facendo si aggrappò alla toga che gli scivolò dalle spalle .Era il secondo e definitivo segnale. Casca che si era portato alle spalle di Cesare vibrò il colpo .
Cesare urlò.
Il ruggito del leone ferito rimbombò nell’aula e fuori. Gridò ” Un attacco!” e prima che il pugnale lo colpisse torse il busto impugnando lo stilo per trafiggere il braccio dell’assalitore . La mano di Casca tremò e il secondo colpo ferì solo di striscio .Ma ogni via di scampo era preclusa : dovunque Cesare si volgesse vedeva un pugnale proteso contro di lui. L’intero Senato s’incendiò di urla .Qualcuno gridò il nome di Cicerone .
Assente.
Fuori, Antonio si volse d’istinto verso l’aula ma la mano di Gaio Trebonio lo inchiodò al muro :”Lascia perdere.Ormai è fatta.” Antonio, atterrito, fuggì. Gaio Trebonio brandì a sua volta il pugnale ed entrò. Cesare cercava ancora di difendersi ma tutti gli erano addosso. Lo colpì Ponzio Aquila , e Cassio Longino, e di nuovo Casca e Cimbro, Ruga e lo stesso Trebonio ….
Tutti volevano affondare il pugnale nel corpo di Cesare e s’intralciavano l’un l’altro o addirittura si ferivano .Cesare si dibatteva furiosamente urlando e buttando sangue da ogni ferita . La veste era arrossata e una pozza vermiglia si allargava sul pavimento. Ad ogni suo movimento i congiurati lo serravano da presso, lo braccavano come una belva in trappola , continuando a colpire tanto più duramente quanto la vittima era sempre più incapace di difendersi o anche solo di muoversi.
Ultimo, Marco Junio Bruto.
All’inguine .
Cesare mormorò qualcosa , fissandolo negli occhi , e si lasciò cadere .Si tirò la toga sul capo come un soldato in un ultimo tentativo di salvare la propria dignità e crollò ai piedi della statua di Pompeo . I congiurati levarono i pugnali insanguinati gridando:” Il tiranno è morto! Siete liberi!”.
Ma i senatori fuggirono abbandonando precipitosamente gli scranni e si dileguarono all’esterno. I pochissimi rimasti, quasi tutti aderenti alla congiura , seguirono Cassio e Bruto che attraversarono la città diretti verso il Campidoglio gridando ai pochi passanti spaventati:” Siete liberi ! Romani, ora siete liberi!”. Nessuno osava unirsi a loro .Sbarravano porte e finestre , le botteghe venivano chiuse , il terrore e lo sgomento serpeggiavano ovunque .
Un vecchio accattone con la pelle rosa dalla scabbia li degnò appena di uno sguardo. Per lui non cambiava nulla
Valerio Massimo Manfredi ” Le Idi di marzo”